Quando si può dire: “io c’ero”
Frizzante la commedia del Centenario dell’INDA a Siracusa
Le Vespe di ieri e di oggi
Un piccolo gruppo di studenti del Liceo Classico “Vittorio Emanuele III” di Patti ha assistito ieri a Siracusa alla rappresentazione de “Le vespe” di Aristofane, accompagnato dalle professoresse M. Lucia Lo Presti e Rosa Scaffidi. Il Dirigente Scolastico, Prof.ssa Grazia Gullotti Scalisi, ha particolarmente a cuore che a tutti gli studenti sia garantita dal Piano dell’Offerta Formativa la varietà delle esperienze culturali.
Questa è stata ricca di sollecitazioni, anche grazie ad una traduzione di Aristofane con l’immediatezza della lingua di oggi; l’opera ha perciò avuto la stessa forza dei tempi di Aristofane, in quel buio momento della Guerra del Peloponneso, in cui tutti i giovani erano in guerra e le giurie popolari erano costituite quasi esclusivamente da persone anziane che si illudevano di mantenere ancora un ruolo, ossia di pungere, come vespe, appunto. Ahimè sono soltanto una pedina nelle mani del potere, in quel caso di Cleone, oggi ciascuno immagini chi vuole. Così infatti vuole una traduzione contemporanea: come ha detto una studentessa del gruppo “ le situazioni dell’Atene del 422 a. C. (anno della rappresentazione) non direbbero molto al pubblico odierno, ed ecco che Mauro Avogadro, il regista della scuola di Luca Ronconi, ha lavorato a fianco di Alessandro Grilli e i due, rubandosi “gioiosamente la parola”, hanno immerso Aristofane nell’oggi.
E siamo lì con Abbassocleone, il figlio di Vivacleaone che deve cercare di “convertire” il padre a finirla con la partecipazione da giudice popolare ai processi che così numerosi erano in quegli anni. Cleone, infatti, aveva potenziato l’Eliea, (il tribunale costituito anche da 500 membri della giuria popolare) aumentandone il soldo. I governati diventano governanti in una sorta di democrazia diretta (oggi?). Il figlio, allora, inscena un processo fittizio e gli fa capire com’è facile essere ingannato nel gioco dei bussolotti che si mettono nell’urna per esprimere il voto. Vivacleone quindi si adatta a farsi trascinare dal figlio alla bella vita. Da questo momento in poi, con un’impennata di rovesciamento di ruoli, proprio il figlio si trasforma in un paradossale pedagogo.
In questo punto le riflessioni del coro di Aristofane sono ridotte a poche battute (110 versi ridotti a 15), che si perdono nel ritmo della musica dell’eccezionale Banda Osiris. Questo è un peccato, ma risponde al tentativo di rendere l’opera leggibile e godibile. In questa seconda parte Antonello Fassari (noto per avere interpretato il ruolo di Cesare nella serie televisiva I Cesaroni) è “superlativo” e porta alle estreme conseguenze la difficoltà di Vivacleone a trovare una giusta misura, perduto com’è tra un banchetto e l’altro, tra una “velina” e l’altra, tra una rissa e l’altra. La regia di Avogadro ha voluto giocare non su battute dirette al nostro tempo, ma su citazioni stranianti da postmoderno: l’incipit dei Sepolcri, Castadiva della Norma, “Money money money” degli ABBA, eseguito quando Vivacleone spera di poter vivere nel lusso proprio con gli oboli di giudice popolare.
Che dire, poi, della trovata di utilizzare a volte una Vespa Piaggio per l’entrata e l’uscita dei personaggi o un’ApeCar caricata di ubriachi che si danno ai bagordi e alle risse notturne dopo l’ennesima festa, fino alla ridicola gara di ballo in cui Alessandro Fassari “volteggia, gira in circolo, si colpisce la pancia” seguendo le istruzioni del corifeo e invitando tutti ad uscire di scena a passo di danza, finire cioè la commedia con un coro da tragedia (era il coro tragico, infatti, che eseguiva passi di danza cantando e recitando). Eccezionali le scene e costumi di Arnaldo Pomodoro.
Avogadro con questa regia delle Vespe, con frizzante e talvolta irriverente satira, ci fa riflettere sulla corruzione, sul populismo e la demagogia spesso associate da Aristofane alla figura di Cleone che fece leva sugli strati più deboli della popolazione, anziani e meno abbienti in particolare per ottenere il consenso popolare. Ma ci tratteggia anche una ridicola vecchiaia che ci desta risate non prive di amarezza.
Uno degli studenti, che ha vissuto l’esperienza da tre anni e che si avvia a fare gli Esami di Stato quest’anno, ha detto che in futuro farà in modo di poter assistere alle rappresentazioni dell’Istituto Nazionale del Dramma Antico di Siracusa, per godere di questo “miracolo culturale”: è un grazie alla forza sempreverde di chi ha celebrato i 100 anni, è un’esperienza che il Liceo gli ha fatto gustare, tale da cementare il suo senso di appartenenza ad una Nazione che nella cultura deve trovare la forza del riscatto
Maria Lucia Lo Presti